Solidarietà
locale per agire globalmente
Di Mimi Lepori Bonetti
Un progetto sociale che fa nascere esperienze di micro-imprese. Un'organizzazione
non governativa (ONG) svolge due compiti importanti. Il primo concerne il lavoro
di sensibilizzazione, di educazione che l'ONG svolge nel Paese dove la stessa
è fondata. Lavorare per aggregare nuovi membri permette a un'ONG di crescere,
di farsi conoscere, di interessare attraverso il suo messaggio nuovi ambiti.
La raccolta di soldi non è lo scopertine/copo principale di un'ONG; un'ONG ha lo
scopertine/copo di affermare localmente la solidarietà per riuscire a viverla in
maniera globale. Agire localmente per essere più presenti globalmente,
questo slogan potrebbe suonare vuoto se l'esperienza fatta attraverso il viaggio
in Cambogia non mi avesse dimostrato che invece è possibile. Il secondo
compito di un'ONG è appunto quello di trovare un partner nel Paese dove
si vuole essere presenti e iniziare un lavoro che, da subito, deve contenere
la prospettiva di uno sviluppo durevole. Un progetto, sociale, economico, educativo
ambientale o altro deve da subito porsi la domanda del dopo, del come continuare,
del come far in modo che il progetto appartenga sempre di più alla gente
del luogo. Chiaramente se un'ONG è presente in un Paese è perché
in quel luogo ha incontrato un problema, un bisogno.
Questa premessa vuole descrivere il perimetro entro il quale ci si deve muovere
quando si vuole costituire un'ONG per rispondere a un bisogno di un Paese lontano.
Soprattutto quando il progetto messo in piedi è a taglio sociale l'impegno
per uno sviluppo durevole diventa una sfida grande. In fondo è la stessa
cosa per un progetto sociale fatto in Ticino. Come farlo diventare autosufficiente?
Non ci riusciamo noi, persone che viviamo in una società strutturata
e fondamentalmente ricca di risorse, come pretendere che in un Paese lontano,
in una società ferita da una storia disumana possa riuscirci un ONG?
AGAR è chiaramente una risposta a un problema sociale. I soggetti più
deboli della società, le donne e i bambini in Paesi dove la democrazia
è una parola vuota e dove i diritti umani sono stati calpestati per decenni
rimangono chiaramente gli anelli più deboli e in balia di ogni possibile
sfruttamento. Le donne e i bambini accolti nel progetto AGAR fanno parte di
quelle persone che hanno avuto una storia difficile, per noi occidentali molto
spesso inimmaginabile. Donne sessualmente sfruttate, bambini venduti e poi ricomperati.
Bambine allontanate dalla loro casa con promesse di un lavoro sicuro e poi rivendute
per una manciata dì soldi.
AGAR nella sua strategia di risposta a questi bisogni, da subito ha messo in
atto una dinamica a taglio imprenditoriale. Le donne e i bambini accolti hanno
diritto a un riposo, a un periodo di tranquillità. Questo periodo permette
loro di riacquistare fiducia, serenità. Dopo questo primi mesi, inizia
un secondo periodo improntato maggiormente sull' apprendimento. Le donne sono
invitate a imparare le tecniche della sartoria oppure vengono indirizzate verso
l'attività di micro imprese. Un carrello, messo a disposizione del Centro,
permette loro di attraversare le strade della capitale vendendo o latte di soia
o pranzi confezionati e comperati direttamente al Centro. Lo stimolo a uno spirito
imprenditoriale viene dal fatto che possono vendere la merce a un prezzo superiore;
la differenza diventa il loro guadagno quotidiano. Anche nell'atelier riservato
alla sartoria esiste questo stimolo. Le donne producono delle borse, tovaglie,
e altro e ogni pezzo viene comperato dal Centro AGAR. Grazie a una rete di gruppi
di sostegno a Singapore, in America e appunto in Ticino questi prodotti artigianali
vengono rivenduti. Il guadagno serve a pagare le donne e a permettere una prima
copertine/copertura delle spese sostenute per la gestione del Centro. Nel Centro AGAR
la permanenza è limitata a 6 mesi. Dopo questo periodo le donne hanno
la possibilità di ritornare nei loro villaggi, o nelle città,
mantenendo il lavoro iniziato al Centro. Durante la permanenza al Centro i bambini
hanno la possibilità di frequentare l'asilo e le scuole elementari.
Molto spesso la situazione di queste donne non è risolvibile in 6 mesi.
Per loro, grazie ai contatti stabiliti con le autorità del luogo che
hanno messo a disposizione l'isola sul fiume Tonlee Bassac, a circa 20 km dalla
capitale, è stato progettato il villaggio AGAR. Una trentina di casette,
arricchite da un pezzo di terra coltivabile, sono diventate il luogo definitivo
di vita per una trentina di mamme con i loro bambini. La coltivazione, così
come un atelier di cucito sono la fonte di sostentamento per queste mamme che,
applicando sistemi democratici, vivono sull'isola. I bambini hanno la possibilità
di frequentare l'asilo; la scuola è organizzata sulla terra ferma e ogni
mattina i bambini si recano dall'altra parte del fiume. Durante l'inaugurazione
del centro AGAR, nel suo discorso, il secondo primo ministro Huen Seri ha annunciato
che il Governo ha donato anche la seconda parte dell'Isola per ampliare il villaggio
AGAR. Altre casette verranno quindi costruite e altre mamme con i loro bambini
potranno trovare un luogo di vita definitivo.
Accanto a queste due realtà descritte il progetto di aiuto e di sviluppo
portato avanti ormai non più solo dalla famiglia Tami, ma da cambogiani
che hanno preso a cuore il loro destino e il destino di molte mamme e bambini
prevede pure esperienze di accoglienza di bambini orfani in nuclei familiari,
interventi puntuali di tipo sanitario per bambini affetti da AIDS. Non da ultimo
durante il nostro soggiorno abbiamo potuto visitare un orfanotrofio con circa
100 bambini (bambini orfani, andicappati, malati di AIDS) che abbisogna degli
interventi più elementari. Le fognature sono saltate, l'acqua non arriva
nella casa, la cucina non ha parole per essere descritta, i bambini vivono e
dormono per terra o quelli più fortunati hanno un lettino, e durante
le grandi piogge (circa 80-100 metri d'acqua per terra) in quell'orfanotrofio
circola e naviga di tutto.
Il progetto AGAR, nella sua grande capacità di abbracciare i bisogni
della popolazione cambogiana ha deciso di assumere anche la sistemazione delle
fognature e della cucina di questo orfanotrofio.
Uno stimolo per noi ticinesi ad essere ancora più solidali con ABBA.
Un punto di appoggio ormai indispensabile per il progetto AGAR che nella sua
pur breve storia ha dimostrato di essere capace di coniugare il sociale con
piccole, ma significative, esperienze di imprenditorialità.